La resina degli schianti di Vaia e il luppolo: ecco la “Bira de Belun”

Diciottomila litri in un anno. È la conferma che il prodotto piace. E che la novità si è già trasformata in certezza: la certezza di una birra bellunese. O meglio, la “Bira de Belun”. L’unica con un retrogusto di resina d’alberi, recuperati dalla tempesta Vaia. Proprio la resina, insieme al luppolo, crea una particolarissima combinazione di sapori: «Siamo contenti – spiega Lucio Vallata, l’ideatore insieme a Roberto Lotto – perché questa è una birra innovativa, molto particolare. Ma è stata apprezzata fin da subito. Anche perché è artigianale, a chilometro zero». L’avventura è decollata nell’ottobre 2019: «Con le prime produzioni nel birrificio di Presenaio. Ovvero, il nostro punto di riferimento. Da quelle prime bottiglie sono successe parecchie cose e la nostra vita è cambiata. Siamo riusciti a farci conoscere, anche attraverso i mercatini, mentre lo scorso marzo, a ridosso della chiusura totale, abbiamo inaugurato la bottega di Salce». Da allora è stata un’escalation: «Questa non è una semplice birra. È una sorta di riscossa della montagna, in grado di resistere dopo la tragedia. È forza di volontà, è creatività della gente».

La resina, l’ortica femmina, ma anche il miele con foglie di castagno e l’arancia amara: le versioni della “Bira de Belun” sono già molteplici. E colgono nel segno: «Il lockdown ci ha bloccato per un mese, ma non ha inciso particolarmente. Anche perché, nel momento in cui è arrivato il via libera per le consegne a domicilio, siamo andati in giro per l’intera provincia. Perché tutti volevano la nostra birra».

Tra le novità, spiccano pure la rossa fermentata in grotta e, la nuova e più recente, con radicchio di montagna: «Il futuro lo vediamo roseo – conclude Vallata – a tal punto che abbiamo deciso di acquistare un furgoncino, dove allestiremo una sorta di bar itinerante. E parteciperemo a fiere, manifestazioni e sagre. Covid permettendo».

Sì, Platone aveva ragione: «Era un uomo saggio chi ha inventato la birra».