Il Museo Burel va oltre la pandemia: «L’arte non morirà mai»

Se il cielo può entrare in una stanza, all’arte ne bastano due. O poco più. Come nel caso del Museo Burel: il primo d’arte contemporanea in provincia di Belluno. A dirigerlo è Daniela Zangrando: rimasta a lungo lontana dal territorio, ha deciso di tornare. E di investire tutte le sue energie in un progetto messo a dura prova dal lockdown: «Ho cercato di sfruttare questa fase per pensare a ciò che stavo facendo, valutando anche, e seriamente, l’ipotesi di battere in ritirata, vista la situazione critica che si stava delineando. E che rappresenterà la realtà quotidiana della cultura in futuro». 

Ma lo scorso 20 giugno, nello spazio di via Mezzaterra, è stata inaugurata la mostra “Diversi”: «Una grande scommessa. Avevamo anche un po’ di paura. E invece la mostra si è rivelata un momento bellissimo: mascherine, igienizzanti e ingressi contingentati non hanno rovinato nulla. Anzi, hanno insegnato qualcosa pure al Museo. Ad esempio, potendo far accedere poche persone per volta, c’è stata un’attenzione maggiore al rapporto con gli spettatori. Io e Martina, la ragazza dei Licei Renier che mi affianca, ci siamo potute prendere cura di ogni singolo visitatore, dei suoi dubbi, del suo desiderio di avvicinarsi, delle sue domande. Abbiamo raccontato, ancora e ancora, nell’idea che l’arte vada sentita a livello epidermico, digerita, masticata, scoperta come parte della propria vita, più che conosciuta in modo accademico e libresco». 

Il domani, per Daniela Zangrando, profuma di speranza: «Abbiamo appena chiuso il primo ciclo di programmazione e stiamo lavorando al secondo. Dovremo fronteggiare un sacco di difficoltà, lo sappiamo: prima fra tutte, quella di dare uno sviluppo sostenibile al progetto. Ma l’arte se l’è sempre vista brutta, nel corso della sua storia, e non morirà nemmeno stavolta. Lavoreremo sodo e troveremo nuove soluzioni».