Dal generatore di ozono alle tovaglie plastificate: il Settimo alpini è anti-Covid

Non è un semplice rifugio: è un pezzo di storia della montagna bellunese. Inaugurato nel 1951, rappresenta una meta fissa per chi ama camminare in quota. Anche perché il contesto paesaggistico – nel Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi e ai piedi della parete Sud della Schiara – è semplicemente paradisiaco. Passano gli anni, ma il Rifugio Settimo Alpini mantiene intatto il suo fascino magnetico. 

Anche ora che il Coronavirus ha obbligato i gestori a rivedere una serie di aspetti. Come conferma Lara Forcellini: «Ci siamo adeguati alle norme anti-contagio. Ora le tovaglie sono tutte plastificate e lo stesso vale per i menù. In più, abbiamo intensificato le pulizie e acquistato un generatore di ozono che permette di sanificare gli ambienti». Chi frequenta il Settimo Alpini, da sempre, ha un profondo rispetto per la natura, l’ambiente. E le persone: «Abbiamo preparato un cartello con le varie indicazioni da seguire, ma non ce n’era bisogno. Tutti sanno esattamente come comportarsi: quando entrano in rifugio, uno per volta, indossano la mascherina, tengono le distanze e dimostrano grande disponibilità». 

Il rifugio si trova in località Pis Pilon, a 1.502 metri d’altitudine, ed è di proprietà della locale sezione legata al Club alpino italiano: «Rispetto al passato, non c’è lo stesso movimento. I clienti sono diminuiti. Anche perché una realtà come la nostra può lavorare, e bene, solo se vengono organizzati degli eventi ad hoc. In questa estate così anomala, invece, imbastire qualsiasi tipo di iniziativa è molto complicato. E i numeri giocoforza ne risentono». La gente in montagna non manca, è vero. E le code lungo le strade, nei fine settimana, sono lì a testimoniarlo: «Ma per raggiungere il Settimo Alpini – conclude Lara – servono alcune ore di cammino. E forse, dopo la pandemia, le persone preferiscono soluzioni più comode e alla portata».