Agricoltura inclusiva: disabilità fa rima con produttività grazie alla cooperativa Portaperta

Migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità: è la missione – una delle tante, in realtà – della cooperativa sociale Portaperta. Ma, in fondo, si potrebbe pure ribaltare la prospettiva. Perché anche i ragazzi e le ragazze che convivono con delle problematiche, a loro volta, contribuiscono a migliorare la vita degli altri. E lo fanno concretamente. Attraverso il sorriso, ma anche le zucchine e i cetrioli, le rape e l’insalata, i fagiolini e il porro, lo scalogno e le patate, fino al broccoletto, al cavolfiore e al radicchio. «Quest’anno il raccolto ci ha dato delle bellissime soddisfazioni – affermano dalla sede di Feltre -. A causa dello scoppio dei contagi, abbiamo puntato molto sull’attività agricola. Perché si svolge all’aria aperta, permette di mantenere il distanziamento. E poi i ragazzi imparano a occuparsi del campo, ad averne cura». L’orto didattico rientra in un progetto incentrato sui pre-requisiti occupazionali, per far sì che le persone con disabilità acquisiscano una loro autonomia.

A contatto con la terra lavorano in 23: in totale, invece, sono una settantina gli utenti. E una cinquantina fra educatori e operatori: «Il periodo non è facile – proseguono i vertici della cooperativa – e la tutela della salute di chi si rivolge a noi ha la priorità assoluta. In ogni caso, non ci siamo mai fermati. Nemmeno durante il lockdown». I servizi semi-residenziali diurni sono rimasti chiusi da marzo fino all’inizio di giugno: «In quel periodo, gli educatori hanno sempre cercato di mantenere un contatto diretto con i ragazzi e le loro famiglie, grazie al telefono, a WhatsApp, alle videochiamate. Alla lunga, la modalità si è rivelata interessante e ricca di spunti». La riapertura, invece, è avvenuta con la massima cautela: «Lavoriamo con gruppi ristretti di persone. Perché, in caso di contagio, non verrebbe chiusa l’intera attività, ma solo il gruppo». Portaperta: entra l’inclusione.