Vivere in un piccolissimo villaggio agricolo, oggi

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Per una settimana intera, d’estate, Francesco e Francesca hanno pelato cipolle e pressato pomodori di fronte a casa, in un gazebo montato per l’occasione. Settanta chili di cipolle tropea per sei quintali di conserva: l’odore di buono ha aleggiato tra le case del borgo di Grum per diversi giorni, anche con la conserva ormai imbottigliata in centinaia di vasi e vasetti. Francesco e Francesca sono due degli ultimi abitanti di questo villaggio che sarebbe la location perfetta per un film di Ermanno Olmi.

Dall’alto, Grum è un triangolo di case con il bosco dietro e, davanti, appezzamenti di terreno ora rettangolari, ora quadrati, ora trapezoidali. Fino alla prima metà del Novecento questa era una tra le aziende agricole più importanti del Feltrino: negli anni Trenta venne anche premiata da Mussolini nell’ambito della Battaglia del grano. Da qualche anno il proprietario aveva avviato una ristrutturazione completa della tenuta: il florido Spartaco Zugni Tauro, avvocato feltrino e deputato al Parlamento nazionale, era un innovatore. Aveva dotato la sua azienda del meglio che si trovava sul mercato, dalla mucca di razza bruno-alpina alla coltivazione del baco da seta, dai più moderni macchinari agricoli all’istituzione della latteria sociale.

Zugni Tauro – baffoni all’insù, occhiali da naso, paglietta e bastone da passeggio – aveva sposato Giuditta de Mezzan, sorella e unica erede del conte Giorgio (baffoni anche più importanti di quelli del cognato), agli inizi del Novecento. La coppia viveva a Feltre d’inverno; d’estate, come da tradizione, si spostava in campagna, a meno di dieci chilometri dal centro, nella villa dei de Mezzan, a Grum.

La villa è ancora lì, splendida nello scenario aguzzo delle vette feltrine. Anche l’azienda agricola continua a esistere, naturalmente ridimensionata: agli inizi del Novecento in questo pugno di edifici compatti vivevano più di un centinaio di anime, oggi il villaggio è abitato da una decina di persone. Il vecchio mulino del XVI secolo continua a macinare farine locali – per i presidi slow food della zona, anche – e rimane uno degli ultimi mulini ad acqua tuttora in funzione.

L’erede dei Zugni Tauro de Mazzan, Massimiliano Guiotto, vive qui tutto l’anno insieme alla moglie. Con i resti della Grum di un tempo hanno creato un museo agricolo aziendale – dove sono esposti al pubblico trattori e vecchie fotografie, botti in rovere, documenti originali, cagliere, erpici e imballatrici (allora) all’avanguardia. Da un vecchio edificio in disuso hanno ricavato degli appartamentini per l’agriturismo; nelle antiche cucine, all’ombra dell’ultimo gelso rimasto, c’è un piccolo punto di ristoro.

Al di là dell’interesse storico – Grum è una delle ultime ville bellunesi a conservare la sua funzione di residenza di campagna insieme con l’attivo borgo rurale – il posto è magnifico. Il villaggio se ne sta placido al sole, davanti alla valle di San Martino (uno degli accessi naturali al Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi). C’è una piccola chiesetta antichissima, che è qui fin dal XV secolo. La cancellata in ferro battuto (1931) è l’ultima opera del maestro feltrino Carlo Rizzarda. Gli uccellini cantano e persino le cantine della villa, dove un tempo i signori de Mezzan tenevano il vino prodotto a centinaia di ettolitri dalla loro azienda, sono affrescate.