Quarant’anni di Valcarne

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É venerdì mattina presto, si respira un buon profumo di prezzemolo con cui una signora grembiule-rosso-e-cuffietta sta preparando hamburger farciti. Dietro il banco si muovono veloci quattro commessi, dietro una grande vetrata lavorano a vista tre macellai, tra i tranci di carne appesi e il biancore dei tavoli. Il negozio è già affollato, nonostante l’orario: un anziano vestito come se fosse ancora inverno ordina polpettone e roastbeef per il pranzo con i nipoti – probabilmente quel bigliettino tutto stropicciato gliel’ha scritto la moglie, che lo aspetta a casa mentre impasta la torta. Questo è solo uno dei quattro punti vendita della cooperativa Valcarne, che da Feltre è cresciuta aprendo negozi anche a Santa Giustina, Busche e Pedavena. L’ufficio è uno stanzino piccolissimo, tutto stipato di faldoni che di anno in anno raccontano la storia della cooperativa, nata 41 anni fa grazie a un gruppo di allevatori del feltrino: “All’inizio – racconta Germano Bellumat, presidente di Valcarne da dodici anni – c’erano i pacchi famiglia: negli anni Settanta la gente comperava spezzatino, lesso e ossobuco. Col tempo la cultura dei consumatori è cambiata e si è evoluta, e così la professionalità degli addetti: oggi non possiamo mica pensare di vendere pacchi famiglia, i clienti sanno bene cosa vogliono e noi siamo in grado di offrire loro di tutto, dalle carni locali – bovino e maiale, tradizionalmente – alle carni bianche”. Tra i soci della cooperativa Valcarne – un centinaio circa – ci sono allevatori della conca feltrina ma anche aziende di Castion, Alano di Piave o Volpago del Montello. Non solo, ci sono anche soci che con la carne hanno poco o nulla a che fare: piccoli caseifici, produttori locali di miele, noci, fagioli… “L’obiettivo è sempre stato valorizzare produzioni locali, per forza non enormi, e di qualità. Per vivere di allevamento da carne ci vogliono numeri davvero enormi – penso agli allevamenti di pianura, per capirci. Qui da noi quasi tutti i soci producono carne come un part-time dell’allevamento da latte, e non come attività principale. I costi da sostenere sarebbero troppo grandi, da soli: ecco allora che entra in gioco la cooperativa”. Nei punti vendita si trova un po’ di tutto, dalle quaglie alla porchetta, polli e stinco di maiale, ma anche formaggi e vino, farine, marmellate… Le signore in fila parlottano tra di loro e curiosano sugli scaffali, dopo aver addocchiato gli hamburger e le fettine da accaparrarsi per il pranzo. “Ci teniamo ad avere in negozio anche altre piccole produzioni, magari difficili da commercializzare da sole – riflette Bellumat, che si definisce presidente a tempo perso e si scusa, deve tornare alle sue mucche – perché il concetto è sempre lo stesso, diamo spazio ai piccoli, alla qualità, al locale”.